DOMENICA 5 LUGLIO alle 18.30 ai Giardini del Cassero di Montecosaro
– Presentazione del libro “UN SALTO NEL FOLKLORE”, GIACONI EDITORE Simone Giaconi, autori Monia Scocco e Claudio Scocco con il patrocinio del Comune Di Montecosaro Comune Di Montecosaro
– Presenta Francesca Travaglini
– Interviene Giulia Ciarapica
– Interviene Giulia Ciarapica
“Noi saremo ovunque ci porti l’amore per il folklore e quest’incontenibile passione per le tradizioni della nostra terra”
BIOGRAFIA
CLAUDIO SCOCCO
Fin da piccolo eredita dal padre la passione per la musica. All’età di 10 anni impara a suonare la fisarmonica e all’età di 13 anni, l’organetto, avendo come maestro suo padre Franco, uno dei più grandi suonatori di organetto del maceratese. Ha fatto parte negli anni ’70 – ’80 del rinomato, ma ormai estinto, gruppo folk “Val di Chienti” di Montecosaro Scalo, insieme al padre, uno dei fondatori. Qui oltre a suonare l’organetto, suona il tamburello e impara a ballare il saltarello e gli altri balli popolari che poi tramanderà alla figlia Monia Scocco, con la quale fonda nel 2007 il gruppo folkloristico “Li Matti de Montecò”, di cui è attualmente presidente. Nel 2015 ha ricevuto a Ravenna il prestigiosissimo riconoscimento di “Padre del Folklore: persona benemerita delle Marche”, premio consegnatogli dal Presidente Nazionale, sottolineando la preziosa opera in favore del recupero e della promozione della cultura locale, che porta avanti da oltre trent’anni con entusiamo, competenza e dedizione.
MONIA SCOCCO
Inizia a ballare il saltarello all’età di 10 anni, ereditando prima dal nonno e poi dal padre la passione per le tradizioni popolari. Dal 2007 è l’insegnante di ballo del gruppo, oltre ad essere cantante e suonatrice di organetto. Da sempre impegnata nella diffusione, riscoperta e valorizzazione della tradizione musicale e folclorica marchigiana tra le nuove generazioni, nel gennaio 2018 ha ricevuto a Messina il prestigioso riconoscimento V.I.C.T. (Valore Identificato Cultura Tradizionale) per la migliore esecuzione di brano musicale con strumento tradizionale, l’organetto, esibendosi con il tipico strumento musicale marchigiano, l’organetto, in un saltarello cantato. Il premio le è stato conferito dalla IOV ITALIA, ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE DI ARTI POPOLARI, in occasione della Rassegna Nazionale di Musica Popolare. Attualmente è vice presidente della F.I.T.P. Federazione Italiana Tradizioni Popolari della regione Marche, da diversi anni, in collaborazione con Miriam Marzetti, realizza progetti nelle scuole d’infanzia, scuole primarie di vari paesi della zona (Montecosaro, Porto Potenza Picena, Montelupone, Potenza Picena, Sant’Elpidio a Mare, Montegranaro, Loreto, Civitanova Marche…) con l’obiettivo di diffondere, riscoprire e valorizzare la tradizione musicale popolare marchigiana, attraverso l’insegnamento di canti e balli popolari della nostra terra.
DI COSA PARLA IL LIBRO
Il nostro gruppo che ha una storia fatta di tradizioni, tramandate di padre in figlio, si propone di recuperare e trasmettere anche alle nuove generazioni le tradizioni popolari che hanno accompagnato la vita dei nostri avi, facendole conoscere anche ai più piccoli.
Vogliamo far rivivere e conoscere il nostro paese, Montecosaro, nell’aspetto della sua vita quotidiana di un tempo ormai lontano, quando non esistevano ancora la frenesia e lo stress dei tempi moderni, ma soltanto la dura fatica dei campi, ricompensata dalla tanta energia sprigionata poi nell’aia, dove tutti insieme mangiavano, bevevano e ballavano fino a notte fonda.
Attraverso questa raccolta di brani, frutto di un attento lavoro di ricerca, vogliamo far rivivere i ricordi dei nostri nonni, recuperando i canti rituali di questua della cultura orale marchigiana, in particolare del territorio nel quale viviamo, contribuendo ad una nuova “rinascenza” e alla rivitalizzazione e diffusione di queste nostre prestigiose tradizioni.
Il libro intende creare delle condizioni fertili per la ripresa delle tradizioni e degli usi locali e quindi una riscoperta delle nostre radici e della nostra cultura, riportando in primo piano la nostra storia e le nostre tradizioni che di sovente sono state messe ai margini e dimenticate.
Attraverso quest’opera, intrisa di passione per le tradizioni e amore verso la propria terra, intendiamo far rivivere il messaggio della danza, della musica, dell’espressione popolare dell’anima marchigiana e rilanciare avanti questa eredità verso i più giovani per diffonderla fra i contemporanei. Questo libro annoda passato e presente, continua la tradizione, legando le radici della storia con l’oggi in un ruolo che guarda avanti, con l’auspicio che le nuove generazioni possano continuare a tenere vii i sentimenti e l’anima di questo nostro Paese.
Oramai gli antichi riti della nostra tradizione popolare, come la quasi totalità della cultura orale marchigiana, vanno inesorabilmente scomparendo, a causa delle profonde trasformazioni della società ed in particolare della polverizzazione della civiltà contadina.
Essi sopravvivono in larga parte solo nella nostra memoria, senza più alcun riscontro nella pratica attuale.
Attraverso questo libro, vogliamo far rivivere i ricordi dei nostri nonni, recuperando i canti rituali di questua della cultura orale marchigiana, in particolare del territorio nel quale viviamo, contribuendo ad una nuova “rinascenza” e alla rivitalizzazione e diffusione di queste nostre prestigiose tradizioni. Nel corso di questi anni di attività, attraverso il nostro decennale lavoro di ricerca abbiamo contribuito a promuovere, valorizzare e mantenere vive le tradizioni popolari marchigiane al fine di ritrovare quelle dignità e voglia “perdute”, riprendere e ritrasmettere le nostre tradizioni delle quali ormai ci si “vergognava”.
Oggi riproporre i canti tradizionali di una volta è un momento importantissimo per ricostruire alcuni momenti sociali e per cercare fare la storia della nostra famiglia colonica marchigiana. Siamo convinti che questa tradizione non si deve perdere. Nonostante la totale disattenzione dei media, il feroce condizionamento ed appiattimento della nostra civiltà, senza più memoria, senza più identità, senza più storia, né futuro, siamo convinti che qualcosa ancora resiste tenacemente.
Abbiamo suddiviso il nostro lavoro di ricerca rispettando il modo con cui venivano intonati i canti rituali di una volta, ovvero seguendo lo svolgimento calendariale dell’anno agricolo, in quanto erano strettamente connessi e legati al ciclo della natura che nasce, muore e risorge. Ogni lavoro agreste aveva le sue melodie, attraverso questi brani rievochiamo le situazioni nella famiglia e i lavori tipici di un tempo, come la mietitura (canto a metetò o de lo mète), la trebbiatura (canti de lo vàtte), la fienagione (cantu a fienatò, o la vangatura
(canto a vangatò), la vendemmia (canto de lo velegnà), lo “scartoccia” o scartocciatura del grano (la raccolta del granoturco), lo “velegnà” (la vendemmia), lo “fienà” (la tagliatura del fieno), o la zappatura o la semina o la raccolta delle olive o quando si andava sul biroccio (candu a viròcciu) e le feste sull’aia che a quelli facevano seguito, oltre ad alcune tra le feste tipiche come la “Pasquella” e il “Cantamaggio”.
I “canterini” e le “cantarinelle”, i suonatori d’organetti “li sonarì”, i bravi ballerini
erano i beniamini di ogni festa: il saper cantare, il saper suonare l’organetto, il saper danzare era considerato un pregio presso i nostri antenati. Più di tutti cantavano i campagnoli durante le loro dure opere campestri. Ogni lavoro agreste aveva le sue melodie: la mietitura, la trebbiatura, la fienagione, la potatura, la spannocchiatura, la vendemmia, ecc. Tali canti, sorti spontaneamente in funzione dell’opera stessa, non hanno alcuna attinenza con i lavori stessi, nel senso che la poesia non è descrizione o esaltazione dell’opera stessa, ma il più delle volte espressione amorosa. Avveniva spesso che al canto di un isolato contadino facesse eco lontana una voce da un altro campicello: era come un parlarsi, un tenersi compagnia. Si tratta del cosiddetto “canto a vatoccu”.
Molti erano i momenti di festa nella vita del contadino, legati al calendario religioso e al ciclo produttivo dei campi. Ricchissimo è il patrimonio orale di canti, melodie,filastrocche che gli anziani del nostro gruppo ci hanno tramandato. Attraverso questi brani rievochiamo le situazioni nella famiglia e i lavori tipici di un tempo, numerosi erano i canti popolari, oramai quasi totalmente sconosciuti, che accompagnavano tali eventi: i canti del Natale, della Pasquella, della Passione, dell’Ascensione, dell’Assunzione, il canto “de lo mete” (mietitura), “de lo vatte” (trebbiatura), “de lo scartoccià” (lavorazione del granoturco), delle feste “de carnoà” (carnevale), il cantamaggio, gli stornelli cantati a vatocco e a dispetto. Era anche una occasione per i giovani della contrada per conoscersi e magari intrecciare rapporti confidenziali.
Questa raccolta si pone come un punto di riferimento per la salvaguardia e la valorizzazione della tradizione folklorica. Decidere di pubblicare questo notevole repertorio di canti che abbracciano quasi due secoli di tradizione popolare marchigiana è come vivere in un romanzo, ripercorrere la nostra storia. In un’epoca in cui i divertimenti sono futili e dettati dalle mode che si rincorrono precipitosamente, il folklore può apparire soltanto un nostalgico tentativo di far rivivere un tempo che non tornerà. Per noi invece il folklore rappresenta il coraggio di non tradire le proprie origini, accettandone l’umiltà e accogliendone i valori umani, in cui crediamo fortemente: amicizia, spensieratezza, allegria, condivisione.
Le nuove generazioni dovrebbero apprendere quel “sapere tradizionale” che è alla base della civiltà e dovrebbero essere al tempo stesso sollecitati all’amore verso le persone anziane, unici cultori del nostro sapere, che si adattano male a questo mondo sempre più soggetto a rapida evoluzione e continuo fermento, poichè soltanto loro rappresentano la base da cui proiettarsi verso il futuro.
Il nostro obiettivo è quello di generare un po’ di interesse nelle giovani generazioni, senza illudersi che tutti balleranno il saltarello o suoneranno l’organetto, ma far si che riacquistino una maggiore sensibilità, un rispetto e un amore del passato. I ragazzi già sono dispersi, frastornati, tentati da tutto, farli riappropriare di un legame col passato non guasta, un po’ di interesse per le loro radici li fa riflettere e gli da una sicurezza in più. Possiamo ancora tentare di rafforzare il rapporto dei giovani con gli anziani, con il passato, la storia e la tradizione, anche solo dal punto di vista della memoria.
La nostra idea è cercare di creare delle occasioni di scambio e dialogo intergenerazionali, il totale recupero dei canti rituali di questua della cultura orale marchigiana, contribuendo tra l’altro, ad una nuova “rinascenza” ed alla completa rivitalizzazione e diffusione di queste nostre più valide e prestigiose tradizioni, per ritrovare quelle dignità e voglia “perdute” e a riprendere e ritrasmettere queste nostre tradizioni delle quali ormai ci si “vergogna”.
Comunicato stampa Associazione Culturale Gruppo Folkloristico “ Li matti de Montecò”
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