Si intitola “Ishtar” il nuovo singolo delle Erisu, un brano che suona come un mantra che si insinua sotto la pelle e inizia a scavare nella terra e nell’animo.
La band racconta a Radio City Light questa nuova avventura…
INTERVISTA
Il singolo “Ishtar” ha un impatto emotivo molto forte. Qual è stata la vostra ispirazione principale per il tema di questa canzone?
L’ispirazione è nata dal racconto di mitologia mesopotamica di Ishtar, la quale compie un viaggio di discesa nell’oltretomba per confrontarsi con la sorella Ereshkigal. Per raggiungerla la dea viene fatta passare per sette porte degli inferi e per ognuna di esse viene spogliata dei suoi averi fino ad entrare nuda nella sala del trono della sorella. Dante stesso è stato ispirato da questo racconto per la sua discesa negli inferi della Divina Commedia.
Come descrivereste l’energia e il messaggio che volete trasmettere con “Ishtar”?
Ishtar è travolgente ed ipnotica, anche per l’ascoltatore è un lugubre viaggio sugli ostinati e sulle armonie minori. Dopo questo passaggio infernale, il viaggio si conclude in una risalita, un “rivedere la luce” caratterizzato da questo corale a più canoni, molto più soave rispetto al resto del brano, ma che allo stesso tempo lascia in chi ascolta qualcosa di non risolto, come un senso di inquietudine che viene ancora dagli inferi e che non è stato totalmente stemperato.
Il tema del viaggio negli inferi è molto potente. Come pensate che il pubblico possa relazionarsi con questa metafora nella loro vita quotidiana?
La vita stessa è un continuo salire e scendere, una timeline di momenti di luce e di oscurità. Ognuno nella propria vita potrebbe aver fatto il viaggio di discesa agli inferi, potrebbe aver sentito di aver toccato il fondo e – solo lì – essere riuscito “a riveder le stelle”, ma senza dimenticare i dissapori del passato. Siamo tutti Ishtar, alla fine.
La narrazione visiva nel video di “Ishtar” è molto ricca. Potete spiegare il significato della scena finale con la mela che marcisce?
La mela come sappiamo tutti è un simbolo ancestrale che nel video, tra le mani delle Dee, prima invecchia, poi marcisce ed infine viene ridotta in poltiglia. Questo simbolo viene così distrutto, evidenziando la sua mancanza di valore e di significato. Da questa scena emerge l’assenza di speranza nel ciclo perpetuo.
Qual è stata la sfida più grande che avete affrontato durante la produzione di “Ishtar”?
Lavorare con professionisti come Steve Sylvester ed Freddy Delirio (rispettivamente leader storico e tastiere dei Death SS) è stato un grande onore ma anche una sfida per noi stesse: mettersi alla prova con musicisti di grande talento con standard di un certo calibro è un modo anche per misurare il proprio livello e capire come eguagliare la precisione di chi ha più esperienza.
Come riuscite a mantenere un equilibrio tra la fedeltà alla versione studio delle vostre canzoni e l’energia e la spontaneità di una performance live?
Sicuramente tantissime prove! Spesso viene detto che una prova perfetta porta a una performance perfetta: una volta che c’è sicurezza dal punto di vista armonico, vocale e coreografico in saletta, tutto il resto è in discesa! Di conseguenza c’è anche più spontaneità, più energia e se ci sono degli imprevisti si affrontano comunque con più coraggio e con un sorriso sulle labbra.
Prossimi impegni?
Abbiamo terminato il nostro album “Heavy Goddesses” che uscirà a brevissimo sotto etichetta Hi-Qu e distribuito da Warner WMI. Siamo molto entusiaste di questo lavoro: i brani sono stati suonati dagli attuali Death SS e da Andy Panigada, chitarrista di prim’ordine e attualmente con i Bulldozer. Non vediamo l’ora di condividerlo con voi questo autunno insieme a tante altre novità!
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