Adriano Formoso, psicoterapeuta e cantautore, torna con Zajal, un singolo che intreccia arte e multiculturalità, ispirandosi alle sue esperienze con la comunità libanese di Milano.
Per Formoso, musica e psicologia non sono mondi separati, ma linguaggi complementari che, attraverso il Formoso Therapy Show, creano connessioni profonde e favoriscono la crescita personale.
Con immagini poetiche e potenti, come quella di un bambino che dorme tra Saida e Milano, Zajal invita a riflettere su accoglienza, diversità e sull’importanza di abbattere confini, fisici e mentali. Un messaggio universale che celebra l’autenticità e il potere trasformativo della musica.
INTERVISTA
Come bilanci la tua carriera di psicoterapeuta con quella di cantautore?
Bilanciare la mia carriera di psicoterapeuta con quella di cantautore è una questione di armonia, non di separazione. Entrambe le dimensioni si arricchiscono a vicenda. Come psicoterapeuta, entro in contatto con le profondità dell’animo umano, esplorando le emozioni, le fragilità e le potenzialità. Questo dialogo con l’interiorità trova un naturale sbocco nella musica, che diventa il mio linguaggio per raccontare storie, emozioni e riflessioni universali.
Dall’altra parte, la mia esperienza come cantautore mi permette di avvicinarmi alle persone in modo diverso, più diretto e immediato, portando messaggi di crescita personale e autenticità attraverso un mezzo che arriva direttamente al cuore. Non vedo una divisione tra questi due ruoli: sono entrambe espressioni del mio modo di essere, e si intrecciano nei miei eventi teatrali con il Formoso Therapy Show, dove la musica e la psicologia si fondono in un’unica esperienza per il pubblico.”
Quali esperienze personali hanno influenzato di più il messaggio di “Zajal”?
Penso il modo di percepirmi come artista e comune mortale, oltre a una serie di esperienze culturali condivise con la comunità libanese di Milano.
Pensi che l’educazione alla cultura e alla diversità sia importante nel mondo di oggi?
Non solo importante ma anche fondamentale e necessaria.
Qual è il ruolo della musica nella tua vita e nel tuo percorso di cura degli altri?
La musica è stata ed è tuttora una delle mie principali fonti di ispirazione e di connessione con gli altri. Non è solo una forma d’arte o intrattenimento, ma un linguaggio universale che permette di entrare in contatto con le emozioni più profonde, sia le proprie che quelle altrui.
Nel mio percorso, la musica ha assunto un ruolo terapeutico: ogni melodia e ogni testo possono diventare un ponte per esplorare, comprendere e trasformare le emozioni. Nel mio lavoro, soprattutto nel Formoso Therapy Show, la musica si intreccia con gli speech di psicologia per creare momenti di riflessione e crescita personale.
Aiutare gli altri, per me, significa anche farli sentire meno soli nelle loro esperienze, e la musica ha la capacità unica di farci sentire capiti, accompagnati. Non è un caso che in ogni spettacolo o percorso di cura che propongo, le canzoni siano parte integrante: sono uno strumento potente per risvegliare l’autenticità, stimolare la resilienza e far emergere il proprio vero sé
Come ti immagini il futuro dell’Italia in termini di accoglienza e inclusione?
Immagino un Italia meno italiana con accezione sia positiva che negativa.
C’è un particolare momento o verso di “Zajal” a cui ti senti più legato?
No, sento di essere legato a tutte le fasi del brano sia nei climax che non. Sono varie immagini da cui si potrebbe fare una serie di dipinti o una mostra fotografica. Tra queste fotografie penso che mi piacerebbe quella di un bambino che dorme senza sapere se è a Saida o Milano.
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