martedì, 29 Aprile, 2025

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Intervista su Radio City Light a MASH che ci presenta il suo singolo “TU TI AMI O NO? “

Dopo aver saputo fondere nelle sue canzoni il peso emotivo del cantautorato e l’urgenza viscerale dell’alternative rock, Mash presenta “Tu ti ami o no?”, il suo nuovo singolo. Un brano che nasce come un gesto di autoanalisi e diventa un invito collettivo a guardarsi dentro, a interrogarsi sul valore che attribuiamo a noi stessi nella quotidianità.

Scrivere musica, per Mash, è una forma di catarsi: attraverso testi che scorrono spontanei come fotografie dell’anima, l’artista riesce a dare un volto ai propri stati d’animo più profondi, trasformando il dolore in racconto e la solitudine in comunicazione autentica. Con immagini potenti – come quella della “regina di un mondo in rovina” – Mash racconta la fragilità dei nostri gusci sicuri in un mondo in costante disfacimento.

In questa intervista per Radio City Light, Mash si racconta senza filtri, esplorando le radici emotive del suo nuovo brano e il percorso di consapevolezza che la musica continua a ispirargli.

INTERVISTA

Scrivere canzoni ti ha aiutato a conoscerti meglio?

Vedo la scrittura come una forma di autoanalisi: quando scrivo i miei pezzi non so mai di cosa parlerò finché le prime frasi non iniziano a scorrere da sole. Solo quando la prima bozza è finita riesco a capire qual era stato d’animo al momento della scrittura: una nuova canzone per me è come una fotografia di ciò che ero nel momento in cui è nata.

Quindi sì, scrivere mi aiuta a capirmi, a svuotare il cervello di tutti i cattivi pensieri per riuscire a osservarli in modo più razionale. Una sorta di catarsi, insomma, ed è l’effetto che mi auguro possano provare le persone che si ritrovano nei miei testi.

“Regina di un mondo in rovina” è un’immagine poetica e fortissima: com’è nata?

Stavo immaginando una scena a metà fra Disney e post-apocalittico: una principessa vive nel lusso del suo castello, ma ogni volta che si affaccia alla finestra ciò che si stende davanti ai suoi occhi sono le macerie di un mondo dove regnano orrore, caos e distruzione.

La immaginavo come metafora di tante vite di oggi: ti costruisci il tuo guscio sicuro, composto da una famiglia, un lavoro e un gatto, dimenticandoti del caos che ti circonda e che quel guscio, il tuo castello, si erge proprio sul caos che hai sotto ai piedi.

Quando hai capito che il modo migliore per raccontare il dolore era farlo attraverso la musica?

Quando ho preso in mano una chitarra per la prima volta ho capito che non mi sarei più sentito davvero solo, o comunque che la mia solitudine avrebbe trovato un modo per mettersi in comunicazione col mondo. A 11 anni ho iniziato a trasformare in musica tutto ciò che mi passava per la testa, e tutti i momenti dolorosi che ho vissuto da quel punto in poi li processavo e ci trovavo un senso proprio grazie alla scrittura: mi veniva naturale fare così, e raccontare come stavo a un foglio bianco anziché alle persone.

La tua scrittura sembra unire il cantautorato con l’urgenza dell’alternative rock: ti riconosci in questa definizione?

Assolutamente, sono i miei due mondi di riferimento principali e che mi piace mischiare: il cantautorato italiano mi ha insegnato il peso delle parole e l’alt rock la bellezza del creare senza dover per forza accontentare le aspettative di un pubblico.

Cosa hai imparato da te stesso lavorando a questo pezzo?

“Tu ti ami o no?” è anche un messaggio per me stesso: scriverla mi ha ricordato quanto è importante fermarsi un attimo e chiedersi se ci stiamo trattando con tutto l’amore che meritiamo. Mi ha fatto capire che probabilmente non lo sto facendo ancora a pieno, ma credo di aver individuato una buona strada!:)

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