domenica, 20 Aprile, 2025

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Intervista su Radio City Light a BANDIT che ci presenta il suo nuovo album dal titolo “GRIGIA”

Torna Bandit con un nuovo album dal titolo “Grigia”, disponibile da venerdì 31 gennaio 2025 su tutte le piattaforme digitali per Bradipo Dischi (in distribuzione Believe): un secondo album, un nuovo capitolo, preceduto dai singoli “Camerata”, “La nostalgia” e “Zarathustra”, pubblicati tra novembre e dicembre 2024. I due brani arrivano dopo una lunga assenza dalla pubblicazione di un piccolo cult della scena indipendente: nel 2011 uscì infatti clandestinamente il primo album di Bandit “Quando la luce grande della discoteca”, pubblicato poi ufficialmente in versione restaurata nel 2023, che fu un inconsapevole manifesto generazionale irriverente e dolce-amaro.

Il giorno dopo la discoteca i personaggi diventano persone, e anche dopo la fine degli studi avviene un po’ la stessa cosa. La disillusione, lo scontro con un mondo del lavoro che è spesso la versione noiosa e triste di ciò che abbiamo studiato e che ci ha appassionato, la fine dei grandi sogni, delle grandi aspirazioni personali, e il senso di enorme perdita di fiducia nel cercare di cambiare una realtà che si offre come impenetrabile e ripetitiva, plumbea, come un edificio brutalista.

Non potevamo che intervistarlo, anche cogliendo il fatto che si chiacchiera parecchio del film “The Brutalist”, con il quale Bandit condivide il grigio, un mood, e forse anche un po’ di pubblico respingente.

INTERVISTA

Possiamo immaginare il perchè della stella rossa a cinque punte, ma non il fatto che sia una stella marina. Ci parli della copertina del tuo nuovo album, “Grigia”?

Ma, diciamo che è aperta a più interpretazioni. Quella più immediata è la raffigurazione di ciò che racconto nella title track “grigia”: la storia di una stella marina che vive a Milano e lontana dal mare e diventa sempre più grigia, proprio come le stelle marine quando si essiccano al sole. Il palazzo brutalista l’ho scelto perchè rappresenta bene l’effetto che fa Milano rispetto ai sogni di ognuno di noi: un monolite di cemento inamovibile e irremovibile. Poi a quel punto, essendo un fanatico di robe sovietiche, mi faceva simpatia che la stella marina sembrasse anche la stella rossa del socialismo, che è un pò un fil rouge del disco tra le righe.

In un momento dove tutti cercano il successo a tutti i costi, arrivi tu con un disco non collocabile in nessun genere specifico, fuori mercato. Ti senti coraggioso a riguardo?

Coraggioso non saprei. Di sicuro non credo nelle varie forme di aldilà che ci vengono promesse per farci fare rigare diritti. Il successo è una di queste. Da quel poco che si capisce nella bibbia del paradiso, sembra una noia mortale. Guardare la beatitudine di dio per l’eternità. Perchè dovrei sacrificarmi tutta la vita per un premio del genere? Allo stesso modo, io non so com’è la vita dopo il successo, ma dal poco che si capisce mi sembra una bella merda, una vita di pressione, orari di merda, sbattimenti ed esaurimenti nervosi. Non sono così convinto di desiderare quell’aldilà, quindi perchè dovrei sacrificare la genuinità di quello che mi viene da scrivere? Se questo è coraggio, allora sono coraggioso, anche se magari sono un fifone in mille altre cose della vita.

E si può essere, coraggiosi facendo musica?

Bhe, credo che si dovrebbe. Se no perchè farlo? Poi il coraggio è molto poco premiato in questo periodo di vacche magre, non conviene rischiare, tu dici fuori mercato, ma tutto ciò che è nuovo o potenzialmente diverso in teoria è fuori mercato all’inizio. I risultati di questa mentalità credo che si vedano bene nelle playlist anche di kermesse come Sanremo. Nessuno che rischia, stessi autori per tutto, stesso algoritmo per

Fare musica è bello come ai vecchi tempi?

Mha, nella mia crew di Bradipo Dischi si suona e si registra in garage se serve, e si fanno tante cose old school. Fuori dipende, difficile divertirsi. Ormai basta un uomo con una tastiera midi per fare quasi tutto, perciò gli mandi gli accordi e le parole e bom. Così non è molto divertente. Neanche per l’uomo producer, che ha quasi sempre una faccia da suicidio.

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