Disponibile da venerdì 8 novembre 2024 (in distribuzione Believe) “Per farmi coraggio mi sono buttato dal piano terra”, EP di debutto della band triestina Katana Koala Kiwi, già segnalati nella playlist “Rock Italia” e “Math Rock” di Spotify Italia.
Questo disco è una raccolta eterogenea di brani scritti e arrangiati in momenti diversi che racconta il primo periodo del gruppo e la sua evoluzione. I sei pezzi esplorano alcuni aspetti dello stesso tema: il rapporto con gli altri e come questo si rifletta nel rapporto con sé stessi. I testi sono spesso ispirati da episodi di vita quotidiana, difficoltà che a volte sembrano insignificanti e altre soverchianti come accettare compromessi, superare un trauma o semplicemente mettersi in discussione. Allo stesso modo, le sonorità riprendono quelle post rock e midwest emo, arricchite da influenze che spaziano dal noise, al math rock, al samba.
Una band di quelle unite, con quell’unione che forse non ritroviamo più, in questi tempi di progetti frammentati e senza corpo. Ne abbiamo parlato con loro, ed ecco cosa ci hanno raccontato.
INTERVISTA
Da dove nasce l’esigenza di ricominciare con un disco, in questo caso “Per farmi coraggio mi sono buttato dal piano terra”? Cosa c’era nel vostro percorso musicale come band prima di questa pubblicazione?
Pietro: Abbiamo attraversato periodi molto diversi, ora finalmente stiamo riuscendo a far convergere nella nostra musica il sentire di ciascuno di noi. Questo EP rappresenta quello che è stato il gruppo da quando abbiamo iniziato a suonare con questa formazione (ormai più di due anni fa) a quando l’abbiamo registrato (ormai quasi due anni fa). Rappresenta la chiusura di un capitolo e apre la porta a quello successivo.
Lorenzo: Suppongo che ricominciare così sia stata una scelta naturale. Traccia un po’ un segno di demarcazione con ciò che abbiamo fatto fino ad ora e credo che sia un evento fisiologico e ricorrente nella vita di un musicista: si vive una fase, se ne scrive e poi si passa al prossimo stimolo.
Raggiungere un interesse editoriale per un gruppo che non fa propriamente “indie” non è per nulla scontato. Ve lo aspettavate? Che cosa comporta essere inseriti in una playlist ufficiale di Spotify?
Pietro: Non ce lo aspettavamo ma lo speravamo. Le playlist di Spotify sono un mezzo molto potente per far conoscere la propria musica anche al di fuori della propria zona geografica. Speriamo che ci aiuti a suonare di più anche fuori da Trieste.
Gibbo: negli ultimi anni c’è stato un grande ritorno della scena “rock” nel mondo mainstream, all’estero basta osservare il fenomeno Fontaines D.C e Wunderhorse, in Italia come al solito le cose arrivano effettate dal Delay, ma sono sempre più presenti progetti con un’ anima “rock”. L’essere finiti in una playlist ufficiale di Spotify è stato fin dall’inizio una presa di consapevolezza generale dell’esserci posti sulla linea di partenza e niente di più, ci siamo qualificati per il torneo, ora bisogna giocare.
Andre: è stata una bella sorpresa positiva. Il nostro genere non sempre ammicca al grande consumo, di conseguenza accorgersi che ciò che facciamo a prescindere da tutto abbia queste potenzialità è stata una bellissima soddisfazione.
Ale: Ovviamente ci speravo. Ogni piccolo traguardo e riconoscimento fa sempre piacere. Più di tutto spero comunque che la nostra musica non lasci indifferente.
A partire dal titolo, l’ironia fa parte del marchio di fabbrica dei Katana Koala Kiwi. È uno spirito che condividete tutti tra di voi, oppure è predominante in qualcuno di voi? Vi è mai capitato di venire fraintesi o di dovervi spiegare?
Pietro: L’ironia e l’autoironia sono parte di ciascuno di noi e direi tratto caratterizzante di molti triestini in generale. Di venire fraintesi capita spesso, io personalmente però sono felice se ognuno si sente libero di dare la propria interpretazione. La musica è molto soggettiva e comunica cose diverse a seconda di chi ascolta, non ho mai sentito di dover fornire spiegazioni in merito.
Gibbo: come ribadiamo sempre noi siamo prima di tutto un gruppo di amici, ridiamo assieme, ci prendiamo in giro assieme, litighiamo assieme, cresciamo assieme e ci riappacifichiamo assieme.
Lorenzo: Non ricordo di essere mai stato frainteso, credo che l’ironia sia un tratto che condividiamo particolarmente. Forse sarà leggermente più marcato in alcuni ma, ad essere sincero, sono convinto che per quanto riguarda l’ironia, siamo sulla stessa lunghezza d’onda.
Andre: Fra noi viviamo di meme e di battute. Noi cinque in questo senso ci capiamo al volo, e a volte non c’è neanche bisogno di capirci, si ride e basta. Alcune volte ci è capitato di essere fraintesi o di fraintenderci, ma fortunatamente tutto è rientrato nel momento in cui le cose si sono affrontate come si deve.
Ale: Una figura molto importante nella mia vita mi ripete sempre “se non sei in grado di sorridere, non sei in grado di combattere”.
Tornaste indietro, vi chiamereste ancora così?
Pietro: Sì
Gibbo: Per quanto mi riguarda sono entrato nel gruppo che il nome era già stato scelto, probabilmente avrei spinto per cambiarlo, ma fa parte della nostra identità e va bene così
Lorenzo: Per quanto mi riguarda sì, il nome per me ha assunto un suono molto melodico nel tempo, a dispetto della sua cacofonia.
Ale: Non saprei proprio come potremmo chiamarci altrimenti.
E come sono nati i brani di questo disco? Con qualche processo e con quali tempistiche?
Pietro: Ognuno ha una storia a sé, sono stati scritti e arrangiati in situazioni molto diverse e talvolta anche nell’arco di mesi. Principalmente nascono da un’idea di uno di noi che successivamente è stata elaborata tutti assieme.
Lorenzo: I brani del disco, come spesso accade, fanno parte di un repertorio che abbiamo sviluppato negli ultimi due anni, anche se qualche idea deriva da periodi precedenti (come per Gagarin o Sciroppo d’acero). Ad ogni modo, il processo compositivo direi che è quasi sempre stato lo stesso: Ale o Andrea entrano in sala prove e propongono un abbozzo di idea. Da là si sviluppano le nostre parti, che si “avvolgono” attorno alla bozza originale.
Andre: I due brani scritti e cantati da me, Sciroppo d’acero e Biennale, Arsenale sono nati a seguito della riflessione maturata dopo una rottura piuttosto importante, nel modo più scontato e banale di tutti. Nel momento in cui ci eravamo accorti che la nostra storia stava per finire io e la ragazza in questione ci trovavamo alla Biennale di Venezia, proprio all’Arsenale. Nonostante nel testo non ci siano riferimenti espliciti a Venezia, si tratta di una delle città che amo di più al mondo e di conseguenza abbiamo voluto omaggiarla e includerla nel nostro immaginario attraverso il titolo e il canva della canzone su Spotify. Sciroppo d’acero è nata in seguito, nel momento in cui stavo cercando di rimettere assieme i pezzi della mia vita emotiva e sentimentale alla fine dell’estate e all’inizio dell’autunno.
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