Abbiamo intervistato il cantautore Matteo Carmignani, che ha pubblicato di recente il nuovo singolo, “Come plastica in mare”, sulla strada verso il prossimo album. Ecco cosa ci ha spiegato!
INTERVISTA
Raccontaci come nasce il tuo nuovo singolo
La canzone è nata figlia dell’istante in cui l’ho suonata. Il testo è uscito quasi di getto, almeno nella prima parte e la frase “come plastica in mare” è uscita da sola. È quella che ha contestualizzato la sensazione di abbandono che ho cercato di raccontare in questo brano che descrive gli ultimi istanti di un dialogo con la vita e con chi si ama, e che ci lascia soli a fare i conti con la vita che se ne va e con ciò che è ancora in sospeso e sentiamo il bisogno di risolvere.
Come ti senti riguardo al panorama musicale italiano attuale e come ti inserisci in esso?
Non conosco il panorama musicale italiano attuale, è un mondo che non mi piace, non mi appartiene e al quale di sicuro non appartengo io. Sono un cantautore fuori dal giro delle etichette e del mainstream, mi autoproduco e quindi diciamo che sono sotto al sotterraneo. Le poche volte che mi sono proposto per collaborazioni con etichette, non sono stato considerato quindi per il momento cammino da solo, libero di scrivere ciò che mi piace. La musica attuale la sento lontana dall’idea di musica con la quale sono cresciuto, ma non mi permetto di giudicare né chi la produce né chi la vende, ognuno è libero di proporre la propria identità musicale e svolgere la propria professione nel modo che ritiene più opportuno. Vedo sempre di più una industria musicale al servizio del semplice compiacimento di chi governa questo settore, il profitto e il consenso popolare. Si cerca più un prodotto di consumo facile da proporre e semplice da capire, e che io di sicuro non consumo. Oggi l’industria musicale produce fuochi fatui che alimentano una sorta di fiamma illusoria di successo e di notorietà e non di credibilità, creati a tavolino per interpreti leggeri, figli del momento. Mi dispiace solo per i giovani perché vanno poco oltre ciò che gli passa la radio e i social, hanno pochissime alternative e nessuno li spinge a cercarle, sono sempre più spettatori impotenti che subiscono questo tempo vuoto, illusorio, immateriale. Serve educazione all’ascolto e il ritorno alla valorizzazione del talento creativo e del livello artistico.
Cosa ti rende più orgoglioso del tuo nuovo album e del tuo percorso musicale finora?
Credo sia la coerenza musicale e di scrittura. I dieci brani del disco sono il risultato dell’idea del progetto che avevo in testa fin dall’inizio. Ambivo a raggiungere una sorta di tridimensionalità narrativa, musicale e visiva delle canzoni, dove la mia voce, le parole e il loro mondo sonoro, portassero l’ascoltatore a visualizzare le immagini del narrato, come scene di un film, un viaggio da percorrere ad occhi chiusi. Spero di esserci riuscito e che chi ascolterà il disco lo possa percepire.
Qual è stata la tua più grande fonte di ispirazione nella scrittura dei testi delle tue canzoni?
Non ho fonti di ispirazione, di solito prendo nota di ciò che mi viene in mente o che sento. Ho migliaia di note vocali, appunti, pezzi di canzoni che scrivo o frasi che conservo e che ogni tanto diventano lo spunto per scrivere o la chiusura a ciò che ho scritto. Ho sempre cercato di scrivere cercando di visualizzare, di immaginare un contesto e descriverlo a parole e con un suono e una melodia. Mi piace ascoltare la musica ad occhi chiusi, guardando il contesto in cui si sviluppa la narrazione contestualizzata alla musica.
Per me Francesco Guccini in questo è stato un maestro assoluto in questo. Brani come Scirocco o il Pensionato sono film musicali ricchi di dettagli visivi ed immagini sciolte nella musicalità dei brani da far leggere nelle scuole.
Come descriveresti il tuo processo di scrittura dei testi e come si è evoluto nel corso degli anni?
Quando avevo vent’anni e cantavo con la mia band la mia era una scrittura sicuramente acerba, ricca di metafore e riferimenti generici ma ci provavo, cercavo di dare. I testi raccontavano della mia voglia di andarmene, di andare contro e del voler provare a cambiare e raccontare il mondo, ci credevo.
A vent’anni mi sentivo forte e oggi a cinquanta sono sicuramente più maturo, sensibile, profondo, e anche più malinconico, la mia scrittura adesso è sicuramente frutto dell’uomo che sono oggi. Credo che si debba lasciarsi prendere dalla vita, la maturità e gli accadimenti insegnano a guardarci dentro e se si è aperti al cambiamento, a mettersi in gioco e a scoprirci, tutto questo ci fa evolvere. A quel punto anche il tuo modo di essere e di vedere le cose cambia, ti aiuta a percepire a più livelli il senso delle cose e la tua scrittura si evolve con quello che sei.
Quali sono le tue aspettative per il futuro della tua carriera musicale?
Come cantautore è difficile trovare spazi per esibirsi, gran parte delle booking agency e dei locali si basano su fidelizzazioni sicure, cover band, tribute band progetti commerciali che attraggono la massa e di sicuro ripagano in numeri e consensi. È limitante e devi inventarti spazi diversi cercando di attirare un pubblico diverso, quello che ha voglia di sedersi ad ascoltare. Di sicuro continuerò a fare musica e a scrivere canzoni, ho già cose nuove su cui inizierò a lavorare in futuro parallelamente alla voglia di esibirmi e di trovare musicisti in Veneto che vogliono unirsi al mio progetto. Oggi il progetto live è una proposta acustico elettrica tra violoncello piano ed elettronica per ricostruire il mio mondo musicale, il sound mi piace e rende ancora più affascinante il mondo delle mie canzoni.
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