E’ uscito su tutte le piattaforme digitali il nuovo singolo di Gino Fabrizio dal titolo “Quello che non è”.
Esistono varie sfumature dell’amore. Si può fare una netta distinzione tra questi sentimenti perché alcuni di essi sono finalizzati a dare, a donare alla persona amata ed altri ad avere qualcosa da lei, a chiedere. Quest’ultimo modo d’amare va per la maggiore nelle canzoni pop che hanno fatto la storia della musica italiana ma si tratta veramente d’amore?
Il brano nasce come un collage di frasi tratte da canzoni che hanno fatto la storia della musica del nostro Paese, si sviluppa attraverso una distinzione tra diversi sentimenti che vengono spesso confusi tra loro e tradisce l’implicita speranza del suo autore di generare un dibattito sul tema. Lo scopo è quello di dare una risposta possibilmente consapevole, possibilmente collettiva a una tematica che fa soffrire molte persone. Il grido di dolore di chi è vittima di violenze da parte di chi dichiara sentimenti molto romantici si trasforma con questo brano in una critica rispettosa ma ferma all’idea che “in amore (come in guerra) tutto è permesso” e si contrappone ad una storia recente della cultura popolare piena di affermazioni che rivendicano una sorta di diritto di proprietà sull’altra persona.
INTERVISTA
Parlaci un po’ di te: chi sei, da dove vieni, come ti sei avvicinato alla musica?
Sono un ragazzo semplice, nato e cresciuto in Abruzzo, trasferito a Padova originariamente per motivi di studio e ora ci vivo felicemente. Mi sono laureato in psicologia, ho una grande passione per gli esseri umani, le parole e la musica. Grande fan fin dall’adolescenza del cantautorato italiano ho sempre sognato di scrivere brani che, come quelli immortali che porto nel cuore, potessero lasciare un segno nella vita di qualcuno. Ho cantato per anni in modo amatoriale in varie formazioni e oggi cerco di mettere in musica tematiche trasversali, complesse, fondamentali per migliorare.
A chi consiglieresti, in particolare, l’ascolto di “Quello che non è”?
A tutti coloro che soffrono dentro o fuori dalle relazioni di coppia. Varie opere letterarie, musicali, cinematografiche descrivono l’amore come qualcosa che fa soffrire ma spesso i rapporti umani sono governati da dinamiche di dipendenza ed è questa dipendenza a portare sofferenza. Non si può pretendere che una canzone cambi il modo in cui le persone vivono la ricerca di altre persone ma se riuscisse trasmettere l’idea che dipendenza non è amore verrebbero meno degli alibi e forse aumenterebbe la spinta verso un cambiamento di cui quando si sta male si ha bisogno.
Come è cambiata la tua musica nel corso del tempo?
All’inizio non so nemmeno se si potesse parlare di musica, le migliori intenzioni si scontravano con limiti evidenti che riguardavano testi e melodie. A furia di studiare e di buttare giù idee la situazione è migliorata, sicuramente anche la mia crescita anagrafica e personale mi ha permesso di parlare meglio all’interiorità delle persone, ha conferito spessore e valore alle mie canzoni. Oggi sia come autore che come interprete mi cimento con più generi pur conservando le mie preferenze e continuo a ricercare il miglioramento artistico.
Consigliaci un pezzo (di altri artisti) che tutti dovrebbero assolutamente ascoltare. (motivare la risposta)
Potrei citare molti titoli della produzione di De Andrè ma credo che “Il pescatore” sia il brano più imprescindibile. Oltre ad aver fatto la storia della canzone italiana e ad avere un’enorme gradevolezza musicale mostra con un’estrema semplicità una solidarietà e una fratellanza che non conoscono giudizi, confini o eccezioni. Il tutto mantenendo un alone di mistero che contribuisce a renderla interessante e invoglia l’ascoltatore a farsi domande esistenziali di cui abbiamo un grande bisogno.
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