venerdì, 18 Ottobre, 2024

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Intervista su Radio City Light a KIMERA che ci presenta il suo primo Ep “I FIORI DEL MALE”

É uscito venerdì 12 luglio 2024 su tutte le piattaforme digitali il primo EP del progetto Kimera, un capitolo definitivo dopo l’uscita di diversi singoli, di cui l’ultimo dal titolo “Quando le discoteche chiudono”.

Un viaggio introspettivo e intenso, atipicamente estivo che ci racconta un nuovo spettro della scena underground del cantautorato italiano, “I Fiori Del Male”, questo il titolo del disco, è un un viaggio introspettivo che racconta di un periodo di intesa trasformazione interiore. L’amore e la ricerca di sé stessi si intrecciano in un vortice di emozioni dando vita a un percorso tumultuoso ma illuminante. Attraverso esperienze emotive intense e momenti di smarrimento ci si interroga sulla propria esistenza e sul significato della vita. La fragilità e la debolezza diventano così terreno fertile per una profonda crescita interiore.

Da questo viaggio emotivo si emerge trasformati, consapevoli della propria forza interiore, pronti ad affrontare le sfide del futuro con rinnovata tenacia.

 Lo abbiamo incontrato, facendoci raccontare che cosa avesse in comune con Baudelaire.

 

INTERVISTA

Come mai hai scelto di intitolare il tuo disco come l’opera più famosa del poeta Baudelaire? E che cosa potreste avere in comune tu e lui?

“I Fiori Del Male” racconta di una rinascita emotiva interiore raggiunta solo grazie a un susseguirsi di eventi carichi di intensità per lo più negativa. Mi sono ispirato all’opera del poeta perché in un certo senso mi sono identificato nella figura dell’Albatros raccontato da Baudelaire : bellissimo e libero quando vola ma schernito quando a terra. Volevo esprimere il concetto che quando qualcuno sta male tendenzialmente è molto più abile a scrivere canzoni, parole, poesie … quindi diamo forma alle idee attraverso l’intensità del dolore ma quando siamo sulla “terra ferma”, fuori dalla nostra dimensione artistica, ci sentiamo scherniti dalla vita e dal mondo esterno, come l’albatro appunto

Quanto c’è di te e delle tue relazioni passate ne ” I Fiori Del Male”? Questo disco è anche un’esigenza, oltre che un progetto? 

Di me c’è tutto. Scrivere canzoni è sempre stata la mia valvola di sfogo quasi come fosse una terapia. Nelle mie canzoni do molta importanza ai suoni, oltre che alle parole, perché vorrei che l’ascoltatore si sentisse trascinato dentro al mio mondo. Più che delle relazioni all’interno di questo EP si possono trovare delle emozioni: le mie! Ho iniziato a scrivere una canzone dopo l’altra e via via che nascevano ho capito che erano tutte collegate da una medesima “anima” e che quindi potevo incastonarle tutte all’interno di un progetto. Per cui questo è sì un progetto musicale, ma figlio di un’esigenza emotiva quasi più che artistica.

E come mai hai scelto il nome “Kimera”? Ti ricordi ancora quali erano le altre opzioni che avevi pensato oltre a questo? 

Non ho mai pensato, in realtà, ad altre opzioni. Ho scelto di chiamarmi cosi perché nella vita ho sempre “inseguito chimere” e volevo che questa mia attitudine diventasse anche il mio mantra artistico. Voglio trasmettere nelle mie canzoni l’illusione del sogno, della ricerca di qualcosa che ci sembra irraggiungibile ma che ha la principale funzione di spingerci oltre, verso quello che davvero desideriamo.

Quali sono i rischi e le conseguenze del pubblicare musica d’estate?

Onestamente non mi sono posto il problema. I Fiori Del Male è uscito a luglio ma pubblico già i singoli contenuti dell’album da marzo. Sicuramente però ho pensato che “quando le discoteche chiudono”, sebbene sia un brano che ho scritto in inverno, sarebbe stato perfetto per l’estate!

Pensi sia più difficile per i cantautori uomini esporsi musicalmente?

Penso che in campo artistico non ci debbano essere pregiudizi di alcun tipo perché l’artista, in quanto tale, vede il mondo con occhi diversi e lo racconta a modo suo. Credo che in ogni persona convivano insieme aspetti identificabili come “femminili” e “maschili” e penso anche che in una società ancora cosi legata a questa astratta divisione gli artisti possano avere la possibilità di dimostrare che la sensibilità e la profondità siano del tutto universali.

 

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